Come ogni lunedì, il numero di nuovi casi di Coronavirus è in netto calo: sono 4.619, rispetto agli oltre 5.700 individuati lo scorso 10 ottobre. Ma il calo nel numero dei nuovi contagi è con ogni probabilità un effetto ottico dovuto al minor numero di tamponi che si processano nel fine settimana. I tamponi i cui dati sono arrivati oggi sono 85 mila, contro i 133 mila analizzati venerdì scorso.

La realtà è che l’epidemia continua a crescere e in attesa di nuovo provvedimento del governo con le nuove restrizioni per tutto il territorio nazionale, l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato un documento in cui traccia le linee guida che saranno seguite per decidere ulteriori misure di contenimento.

Le linee guida si basano su quattro differenti scenari di crescente gravità, ognuno dei quali richiede azioni più incisive e che arrivano fino all’imposizione di un nuovo lockdown nazionale.

L’elemento chiave per valutare la gravità degli scenari è il cosiddetto numero di riproduzione netto calcolato su base regionale. Si tratta di un indicatore che si usa per misurare nel tempo la trasmissibilità di un’epidemia.

La formula per calcolarlo è complessa, ma in sostanza se Rt è superiore a uno significa che l’epidemia si sta diffondendo, poiché ogni infetto sintomatico trasmette l’infezione a più di un’altra persona. Se Rt scende sotto l’uno, invece, significa che l’epidemia si sta riducendo. Secondo l’ultima rilevazione disponibile, che risale al periodo tra il 28 settembre e il 4 ottobre, l’Rt nazionale è a 1,06, mentre le regioni in cui è più alto sono Sicilia, 1,24, e Campania, 1,22.

Le prospettive

Il primo scenario dei quattro presentati dall’Iss prende in considerazione una trasmissione del virus sostanzialmente simile a quella del periodo tra luglio e agosto, quello in cui l’epidemia è stato più sotto controllo. Questo scenario si verifica quando Rt a livello regionale superi la soglia di uno soltanto per periodi di tempo inferiori a un mese. 

In questa situazione, l’Iss prevede la riduzione delle misure di contenimento o la loro prosecuzione all’attuale livello. Tra le misure citate ci sono l’utilizzo di dispositivi di protezione, l’isolamento dei casi infetti, la quarantena dei loro contatti e norme di distanziamento fisico.

Lo scenario due prevede un Rt a livello regionale tra 1 e 1,25 per periodi di tempo superiori a un mese. L’Iss definisce questo scenario «di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario».

Questo scenario prevede una crescita dell’epidemia che può durare dai due ai quattro mesi e secondo l’Iss andrebbe affrontato con misure come: chiusura dei locali notturni, bar e ristoranti in specifici orari, chiusura di scuole e università, partendo da singoli istituti. Limitazioni della mobilità fino all’introduzione di vere e proprie zone rosse che comprendano comuni o gruppi di comuni.

Il terzo scenario prevede che Rt su base regionale sia tra 1,25 e 1,5. Con questo tipo di trasmissione, il numero dei casi scoperti renderebbe impossibile un’appropriata ricostruzione delle catene dei contagi e porterebbe a un sovraccarico dei servizi sanitari nel giro di due o tre mesi. In alcune regioni italiane del Sud ci stiamo avvicinando a questo scenario.

Per contrastare questa situazione, l’Iss scrive che dopo due o tre settimane di trasmissione del virus a questa rapidità bisognerebbe mettere in atto lockdown localizzati e istituire zone rosse intorno ai maggiori focolai. Nelle aree più colpite andrebbero interrotte tutte le attività sociali, culturali e sportive e anche alcune attività produttive. Andrebbe inoltre bloccata la mobilità regionale e quella tra regioni e andrebbero valutati interventi sulla scuola, come una rotazione delle classi tra mattina e pomeriggio, fino alla chiusura di tutte le attività scolastiche nelle aree particolarmente colpite.

Lo scenario estremo

Il secondo lockdown nazionale potrebbe arrivare quando i valori regionali di Rt superassero sistematicamente 1,5. In quel caso, si legge nel documento dell’Iss, nonostante le misure di mitigazione e contenimento più aggressive applicate nei territori interessati, «uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi».

La sofferenza delle strutture sanitarie arriverebbe in massimo un mese e mezzo, «a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani» come nell’estate 2020. In questo caso, secondo il documento, sarebbe «piuttosto improbabile» riuscire a proteggere le categorie più fragili. Le conseguenze sarebbero drastiche: potrebbe infatti scattare un nuovo lockdown generalizzato con estensione e durata da definirsi. Le scuole dovrebbero essere chiuse, come le attività economiche non essenziali.

In tal caso, verrebbero messi in atto tutti gli strumenti possibili per potenziare al massimo la macchina della Sanità: l’attivazione del personale aggiuntivo esterno a supporto del Dipartimento di prevenzione, l’intensificazione dello screening su categorie più a rischio, ma anche il potenziamento degli alberghi a disposizione per l’isolamento dei casi. 

Le terapie intensive

Attualmente, il numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva non desta ancora preoccupazione negli esperti, ma nel documento si legge che per evitare di dover affrontare di nuovo situazioni di sofferenza come quelle che si erano configurate in primavera, il governo ha puntato sull’aumento del numero di borse per le scuole di specializzazione in Anestesiologia e rianimazione, aumentate tra il 30 e il 50 per cento rispetto all’anno precedente. Per il resto, non sono indicati investimenti nelle strutture, nonostante la denuncia di sindacati, come quello degli anestesisti Aaroi Emac, che più volte hanno segnalato che il potenziamento avvenuto durante la prima fase della pandemia non era stato sufficiente. 

Le mascherine

Sul fronte dei dispositivi di protezione, invece, sembra che stavolta il governo abbia fatto i compiti: nel documento si legge che il Commissario straordinario all’emergenza ha in giacenza 746 milioni di mascherine, a cui si aggiungono 30 milioni prodotti quotidianamente dalle imprese italiane e altre 150 milioni a disposizione delle regioni. In base ai calcoli, che considerano un fabbisogno giornaliero di 16,5 milioni, sembra che le scorte possano bastare fino ad agosto 2021.

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